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Tuesday, 15 January 2013

BACHI DA PIETRA - Quintale (2013, La Tempesta Dischi)



Full album on rockit.it:
http://www.rockit.it/bachidapietra/album/quintale/21279


(Fabrizio Zampighi) Sentire Ascoltare recensione:
http://www.sentireascoltare.com/recensione/11082/bachi-da-pietra-quintale.html 

"Inizia tutto come da copione nel disco "hard rock" (Dorella dixit) dei Bachi da pietra: feedback di chitarra elettrica che cincischia nell'introduttiva Haiti fino a diventare un riff tiratissimo da far invidia ai Kyuss più ispirati. Il primo ascolto di Quintale è una botta terrificante. Paolo il Tarlo cita gli Unida di John Garcia virgolettati no wave (c'è il sax stritolato di Arrington de Dionyso degli Old Time Relijun a campeggiare tra i crediti del brano), in Brutti versi la voce di Succi azzanna uno stoner urticante manco fosse un Rottweiler, in Coleottero si arriva ai confini col metal.
Un plettro e un charleston ampliano l'organico della band e d'improvviso l'universo dei Bachi è sottosopra, salvo accorgerti che la rivoluzione passa soprattutto per certi testi: accantonato il verso scolpito e sibilante del passato, si opta per una parola che è parabola, frase canonica, narrazione, in alcuni frangenti figlia di un reiterare ritmico (una Enigma che cita addetti ai lavori più o meno nell'orbita della formazione, da Ceccarelli di Estragon Lab a Chris di Bronson Produzioni, da La Tempesta Dischi ai Massimo Volume, da Mirko Spino di Wallace Records a Rico Gamondi di Uochi Toki/La morte), in altri di una spoken word quasi hip hop che non disdegna il gioco di parole (Fessura), in altri ancora di uno scorrere lineare anomalo per i canoni del gruppo (Dio del suolo).
Accanto alla voglia sacrosanta di sperimentare con gli amplificatori si assiste, paradossalmente, a una sorta di normalizzazione rispetto ai dischi precedenti. Come se la finzione "teatrale" o "letteraria" che ha retto tutta la discografia dei Bachi fino ad oggi, quell'immaginario sotterraneo e fangoso fondamento della credibilità di un suono inquietante e ridotto all'osso, cedesse il passo a un tentativo di rientrare nei canoni di "genere". Sia stata o meno la produzione (riconoscibile) di Giulio Ragno Favero a far da catalizzatore in questo senso, è innegabile come accanto ai solidi brani sopracitati, Sangue o Mari Lontani, convivano parentesi che, loro malgrado, "bromurizzano" la personalità particolarissima ed esclusiva dei Bachi. Ciò che accade, ad esempio, in Dio del suolo, in Ma anche no o con la slide guitar di Pensieri Parole Opere.
Considerata l'esperienza dei musicisti coinvolti, le aspettative per la quinta fatica di studio dei Bachi da Pietra erano altissime. Succi e Dorella rispondono con un Quintale fisico e di buone idee che convince senza sconvolgere, come se tutto fosse, in definitiva, meno pericoloso del previsto."











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